Luciano Manzi, ex partigiano, poi funzionario del Partito Comunista, sindaco di Collegno e infine senatore per Rifondazione Comunista e successivamente per il Partito dei Comunisti Italiani, ha dedicato la sua vita all'impegno politico. Potrebbe spiegare, soprattutto per chi appartiene alle nuove generazioni, com'era strutturato e in che modo procedeva il funzionamento del Partito Comunista?
Cominciamo a dire che il Partito Comunista nasce sulla spinta della rivoluzione d'ottobre e nel 1917 si cominciano ad organizzare anche gli operai italiani. In quel periodo, a Torino, Gramsci era segretario della Federazione Socialista, che al suo interno conteneva tre correnti: una di sinistra, una di centro e l'ultima che era più orientata a destra. A quel tempo il sindacato Cgil era organizzato da un importante esponente della corrente che si rifaceva alla destra, per cui Gramsci decide di uscire dal Partito Socialista e con la "scissione del '21" dà vita al Partito Comunista. Nel PCI non esistevano correnti: le discussioni politiche avvenivano all'interno delle riunioni, ma alle votazioni si rimaneva uniti e compatti, altrimenti si rischiava l'espulsione. La dialettica delle idee rimaneva dunque confinata all'interno del Partito, ognuno aveva il diritto e il dovere di portare la propria opinione e battersi per questa, ma non si portava il dibattito all'esterno. Questo metodo è il centralismo democratico. Quello che il PCI aveva capito molto bene è che un Partito non nasce dai dirigenti, ma dalla base, per cui i funzionari si devono impegnare per stabilire contatti con la popolazione. Ad esempio, andavamo davanti alle fabbriche a fare volantinaggio e a parlare con gli operai, e nel corso dei giorni qualcuno di loro si univa a noi. Quando radunavi 4-5 compagni formavi una cellula, che poteva essere di lavoro o di strada, e che poteva arrivare fino a un massimo di 30 persone. Più cellule formavano a loro volta una sezione, la quale aveva un responsabile nominato che formava il direttivo di cellula composto da 2 o 3 compagni. La sezione invitava sempre i responsabili di cellula, dava loro i volantini e diceva di spargere la voce sulle iniziative del Partito. La comunicazione con i funzionari, cioè con il responsabile di zona che organizza i volontari, era molto impotante e durante le pause pranzo di tornava davanti alla fabbrica per parlare con gli oprai e per reclutarne di nuovi. Tutti i funzionari del PCI avevano fatto la gavetta, erano partiti dal bassso, nelle cellule e nelle università: in tutte la associazioni (commercianti, artigiani,sportive) c'erano comunisti, perché bisognava conquistare posizioni di potere. Dopo le cellule conquistavi le zone e, alle riunioni, dopo la terza assenza veniva inviata una lettera di rimprovero. Invece i compagni più meritevoli venivano mandati alla scuola del Partito: c'era la scuola federale (che durava 3 sere a settimana per 2 mesi), il corso regionale (che si teneva sempre nello stesso posto e si viveva lì per 2 o 3 mesi), la scuola nazionale (si tenevano i corsi a Milano o a Roma per 3 mesi) e la conoscenza diretta attraverso i viaggi all'estero (URSS, Albania, Polonia, Cuba, al fine dei quali dovevi presentare una relazione scritta).
Più nello specifico, come si è sviluppato il Partito Comunista Italiano nella città di Collegno?
Negli anni '70 il PCI a Collegno contava 2000 iscirtti, era presente con 14 sezioni, di cui una era degli ambulanti con 200 iscritti, 6-7 erano sezioni di fabbrica e la rimanenti erano sezioni territoriali. Era il gruppo consiliare che esprimeva la forza del partito, di cui il capogruppo era anche il responsabile di zona e aveva preso più voti. Nonostante il partito fosse forte, prendevamo sempre una percentuale che si aggirava intorno al 45%, non abbiamo mai governato da soli per scelta: andavamo sempre insieme ai socialisti, che rappresentavano il 15-20% e al Partito Repubblicano che prendeva il 5-6%. Così dimostravamo anche di essere democratici!
Quali differenze vede tra la classe dirigente di allora e quella di adesso? E come dovrebbero comportarsi i nuovi politici, incluso Vendola?
Purtroppo ora non esiste un Partito serio con un'unica linea politica, ma sono un insieme di persone in buona fede che vogliono comandare, ma che mettono sempre loro stesse prima del Partito. Nel PCI il primo obiettivo era la giustizia sociale, ora non è più così. Ad esempio, sia in ambito locale che nazionale, il Partito Democratico è stato fallimentare. La sua classe dirigente l'aveva immaginato come un nuovo socialismo di sinistra, ma non ha capito che la borghesia, da smepre di destra, ha bisogno di un nemico. Concetto che, invece, ha intuito molto bene Berlusconi e infatti ha usato la propaganda contro i comunisti per ingraziarsi il ceto borghese. L'apertura ai democristiani che ha tentato il PD è stata la loro rovina, perché prima erano un blocco compatto, ora si sono completamente divisi in molte correnti. Anche Sinistra Ecologia e Libertà in questo senso, è uguale al PD, perché per ora è composto da ex militanti di Rifondazione Comunista, Democratici di Sinistra, Partito dei Comunisti Italianie poi, per fortuna, ci sono anche persone nuove. In un Partito serio il centralismo democratico è determinante, però chi comanda deve dialogare con tutti, vagliare tutte le proposte, ma deve avere il coraggio di fare fuori le mele marce.
Negli ultimi anni abbiamo assistito sempre di più ad una presa di coscienza della società civile che si è organizzata in movimenti, mi vengono in mente "il popolo viola", le donne di "se non ora quando" e i comitati del referendum sull'acqua e sul bene pubblico. Cosa dovrebbe fare SEL per intercettarli e rendersi una guida credibile?
Il Partito dovrebbe orientare il malcontento, perché i partiti servono a guidare le proteste e non a seguie passivamente le situazioni. Per questo deve, prima di tutto, fare delle proposte politiche, che siano serie e credibili.
Quali consigli si sente di dare ai giovani che si approcciano ora alla politica?
Non devono pensare che la politica sia una cosa sporca, anche lo può diventare a seconda del partito in cui sei e delle persone che hai intorno. Non devono mai farsi influenzare dalle correnti, ma cercare sempre l'unità. E poi devono essere creativi, tirare fuori nuove idee e mettersi in gioco in prima persona.