"Ci vuole cultura e struttura. Ci vuole un’organizzazione, radicata e flessibile, giovane e coraggiosa: un soggetto politico che si metta in rete con tutte le esperienze innovative, e che tessa il filo delle idee e delle passioni autentiche. " (dal Manifesto fondativo di Sinistra Ecologia Libertà)
venerdì 25 maggio 2012
HOLLANDE E LA NUOVA POLITICA EUROPEA
Non appena eletto, Francois Hollande ha corso il rischio di trovarsi isolato sulla scena internazionale per due essenziali ragioni. Per la sua ferma intenzione di ritirare l’esercito francese dall’Afghanistan entro la fine del 2012 e, in misura maggiore, per il suo profondo dissenso nei confronti dell’austera politica economica propugnata quasi esclusivamente per iniziativa della Germania. Ebbene, è accaduto esattamente il contrario. Non solo le idee di Francois Hollande sull’Afghanistan non sembrano entrare in collisione con le scelte di Barack Obama in materia di “Foreign Affairs” ma il neopresidente francese ha anche ricevuto un forte sostegno dal titolare della Casa Bianca sulla necessità di introdurre un patto per la crescita – questione sulla quale la Merkel continua a fare orecchie da mercante, affezionata com’è al suo austero mantra.
In attesa del vertice Franco-Italo-Tedesco che si terrà a Roma i primi giorni di giugno, la speranza è che il nuovo inquilino dell’Eliseo continui a tener viva la sua propositività anche a Bruxelles, in occasione della riunione informale del Consiglio Europeo. Pare che Hollande abbia intenzione di proporre formalmente il lancio di eurobond, le obbligazioni europee per finanziare grandi progetti di struttura – altra proposta di cui la Germania non vuole sentir parlare. “Non sarò il solo a portare delle proposte”, ha dichiarato sabato scorso Hollande – alludendo forse all’Italia, che nelle prossime settimane rischia di diventare il suo partner fondamentale per il lancio di una nuova stagione europea.
Pare che anche il Premier Mario Monti abbia insistito sul fatto che l’incontro dovrebbe servire a definire misure concrete come il rafforzamento del capitale della Banca europea per gli investimenti, la presentazione di progetti per la realizzazione di infrastrutture e il cammino verso gli eurobond. La difesa di una strategia improntata alla crescita “potrebbe cambiare le coordinate della politica economica europea” – ha detto un diplomatico europeo anonimo.
Tutto da rifare in Grecia: si attende con ansia l’esito delle elezioni del 17 giugno, che potrebbe portare alla vittoria un partito che rigetta le misure di austerità imposte ad Atene dal sovrano europeo Angela Merkel – situazione che potrebbe significare l’uscita dall’euro e il default, nonché un tracollo finanziario per i Paesi dell’Eurozona. Il Presidente della Commissione Europea e il Presidente della BCE sanno quanto la spinosa questione della crescita possa essere il principale ostacolo alla riduzione dei debiti sovrani. Tuttavia è essenziale, in questa fase, convincerli che il pragmatismo monetario della BCE non è sufficiente, non entro gli assurdi limiti fissati da quel Trattato di Lisbona oggi corretto da politiche di aggiustamento strutturale.
Lo stesso Mario Monti, nonostante abbia dimostrato di essere un affezionato sostenitore di quelle “riforme strutturali” dal sapore neoliberista, pare stia cominciando a sottolineare la necessità di politiche di investimento pubblico per la crescita. Il fallimento della stagione dell’austerità estrema imposta a Spagna, Grecia, Paesi Bassi e Regno Unito è un dato oggettivo: questa la ragione che ha spinto Francois Hollande ad impugnare la sua battaglia per convincere le destre governative europeee che una politica basata sulla crescita oggi è imprescindibile, se davvero intendiamo evitare il tracollo dell’eurozona. L’austerità non funziona, occorre una maggiore flessibilità rispetto ai vincoli di bilancio, occorre lanciare una politica di investimento.
Quale crescita? Ebbene, crediamo fermamente che il rilancio delle politiche economiche comunitarie debba inanzitutto passare per una radicale svolta in senso ecologista. Le energie rinnovabili non solo sono il futuro della nostra economia, ma devono esserne il presente. In ogni caso, è bene sottolineare che l’auspicata riduzione del deficit va perseguita attraverso una ferrea lotta all’evasione fiscale. Questa deve essere la priorità in ambito fiscale. Si calcola, infatti, che il deficit medio dei Paesi dell’eurozona sia di circa 250 miliardi di euro. Ciò proprio a causa delle somme che sfuggono al fisco per volare nei paradisi fiscali.
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