Sono giorni che mi interrogo sul fatto di dire o scrivere qualche cosa a proposito della definitiva chiusura dello stabilimento Agrati di Collegno, con la conseguente messa sulla strada degli 82 lavoratori.
Penso che la politica dovrebbe fare un passo indietro, nel momento in cui ci si rende conto che non si può fare più nulla per salvare una situazione, evitando la retorica. Penso però che sia mio dovere esprimermi e dire come la penso, su tutto.
Non penso nulla di buono della famiglia Agrati, i proprietari dello stabilimento e dell’azienda, ma non è per loro che sono amareggiato, perché alla fine sono dei padroni (come si chiamavano una volta, prima che andasse di moda il “politically correct”) e da tali si sono comportati.
Mi fa rabbia pensare invece alla politica. Perché in un altro tipo di paese, con un altro tipo di relazioni industriali, con una politica industriale seria e un ruolo dello stato presente nell’economia, probabilmente il gruppo Agrati non si sarebbe nemmeno posto la questione di chiudere lo stabilimento di Collegno.
Trovo insopportabile l’ennesimo fallimento del sistema Italia: la mancanza di volontà politica delle nostre istituzioni a livello nazionale, nel guardare negli occhi le classi imprenditoriali di questo paese e imporre un rinnovato interesse nazionale da difendere, oltre a dare attuazione al principio costituzionale del “Valore sociale” del fare impresa. Con almeno un po’ di quella durezza che vediamo quotidianamente utilizzata nei confronti dei lavoratori e dei pensionati, ai quali viene regolarmente chiesto di sacrificarsi per il risanamento dei conti pubblici.
In questi 75 giorni ho conosciuto alcuni dei lavoratori Agrati e porterò sempre con me la loro storia, perché in parte ho seguito il loro cammino, ma questa è la realtà di centinaia di aziende italiane che ogni anno chiudono, non sempre perché vittime della crisi.
Da tutta questa vicenda io porterò con me:
_Una grande stima per i lavoratori Agrati che, dal primo momento, hanno continuato con passione a lottare senza fermarsi mai, per la difesa di un loro diritto costituzionale, il lavoro. Grazie a tutti perché avete dato una grandissima prova di forza, di compattezza e di dignità.
_Una fiducia nel mio territorio e nella mia città, che ho visto mobilitarsi sul serio per sostenere questa lotta, dal mio Sindaco, al Consiglio comunale tutto, i partiti di ogni schieramento, l’Arci Valle Susa, le associazioni, i cittadini comuni. Siamo ancora un territorio capace di mostrare solidarietà vera e sincera.
_Una conferma nel mio sindacato, la CGIL, in particolare la FIOM, che ha seguito i lavoratori passo a passo e non li ha mai abbandonati.
Personalmente mi rimane l’amaro in bocca, però penso anche che non si debba mai smettere di lottare, perchè quelle che sono state compiute in questo caso, non sono state scelte inevitabili e in un’altra condizione avrebbero potuto essere diverse.
Fare in modo che cose del genere non accadano più e ricostruire un paese che non sappia solo essere forte con i deboli e debole con i forti, penso siano un motivo valido per continuare ad impegnarsi.
(18/04/2014 - enricomanfredi.it)
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